Approfondiamo un argomento scottante nel mondo del vino, rispondendo ad una domanda: cosa sono i solfiti nel vino?

Sta crescendo la consapevolezza e sempre più persone, quando entrano in enoteca a Ferrara, chiedono dei vini senza solfiti aggiunti.

Questa è la parola chiave. Cerchiamo di togliere qualche perplessità sull’utilizzo, anche per chi non vuole neanche sentirli nominare!

E’ il nome generico per chiamare l’anidride solforosa (SO2), un composto che si sviluppa naturalmente durante la fermentazione alcolica.

E’ presente nel vino con un tenore molto basso, che non fa male, non provoca nessuna reazione nel corpo.

Sono proprio i solfiti aggiunti che potrebbero dar fastidio. Qualcuno dice che provocano mal di testa, altri che il vino sia poco digeribile. Sicuramente i solfiti possono creare delle piccole allergie nei soggetti sensibili.

Secondo gli studi l’anidride solforosa ha effetti tossici e allergenici sull’organismo umano, tanto che l’OMS ha fissato un limite di assunzione giornaliero pari a 0,7 mg/kg di peso corporeo.
A norma di legge è obbligatorio scrivere in etichetta “contiene solfiti” se superano la soglia di 10 mg/l.
Poiché l’anidride solforosa è una sostanza che si sviluppa naturalmente durante la fermentazione alcolica, è pressoché impossibile avere un vino senza solfiti.
Per questo motivo molti produttori scrivono in etichetta “senza solfiti aggiunti”.

Cosa sono i solfiti, etichetta Oppure, come nella foto qui a lato, per l’IVAG di Cascina degli Ulivi preferiscono scrivere “contiene solfiti naturali non aggiunti”.
Ma perché si utilizzano in enologia?

Per alcuni è una componente indispensabile, nella forma di metabisolfito di potassio, che ha diversi scopi:

  • sulle uve, prima della fermentazione, evita l’ossidazione del succo, lo sviluppo di batteri ed opera la selezione dei lieviti,
  • rende più limpido il mosto,
  • ha la capacità di estrarre meglio il colore dalle bucce, stabilizzandolo nel tempo,
  • durante l’imbottigliamento agisce come conservante, antiossidante.

A questo punto, per fare una citazione, la domanda sorge spontanea: è possibile fare un vino senza aggiungere solfiti?

La risposta è SI.

Ci sono innumerevoli prove di questo in tutto il mondo, fornite soprattutto da produttori di vino naturale.

I requisiti sono principalmente due:

  • coltivare uve sane su terreni vivi,
  • non avere condizioni climatiche avverse.

Il primo punto è relativo all’operato dell’uomo, quindi l’unico perfettamente raggiungibile. Un terreno sano, vivo, è un suolo ricco di materia organica e privo di pesticidi e metalli pesanti.

Questi suoli alimentano piante che crescono forti e resistenti, perciò meno bisognose di aiuti esterni. Bisogna diminuire le rese, in modo da non affaticare la pianta, selezionare accuratamente le uve in vendemmia, portando in cantina solo quelle sane, senza cariche microbiche.

L’agricoltura biologica e biodinamica garantiscono la biodiversità ed una vigna sana ed autosufficiente.

Purtroppo le campagne che per anni sono state bombardate con elementi chimici, necessitano di una decina d’anni per ricominciare ad essere così.

Il vino ha già dei conservanti naturali, come acidità, alcool e polifenoli. Il tannino e i polifenoli del colore (antociani) si estraggono con la macerazione delle bucce, per questo motivo gli orange wine (vini bianchi macerati) sono molto più longevi dei vini bianchi tradizionali.

Nelle immagini che seguono ci sono le etichette di due bottiglie di produttori di vino naturale: i friulani Ronco Severo e Denis Montanar. E’ interessante notare la differenza di approccio all’etichetta, la prima più poetica, la seconda molto tecnica, con l’indicazione della solforosa totale (bassissima).

Friulano Colli Orientali Ronco Severo Friulano Denis Montanar

Il secondo punto non è prevedibile e dipende dall’annata e dal territorio di origine. In zone o annate molto piovose e molto umide, sarà difficile agire senza l’uso di solfiti.

E’ sempre meglio, inoltre, tenere sotto controllo il mosto e le successive fasi fermentative, per scongiurare in tempo deviazioni batteriche che possano alterare il profilo organolettico del vino.

Già perché degustare un vino pulito, che non abbia difetti, è una prerogativa fondamentale al piacere stesso della degustazione. Così come lo è bere un vino genuino e perfettamente digeribile.

Quindi, a mio parere, meglio intervenire con una piccola quantità di solfiti, che stappare una bottiglia che non regala le attese emozioni.

Mi fa piacere condividere questo link ad un sito che affronta questo argomento e cita anche produttori intervistati.

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Viva la cultura del vino!