In Francia hanno approvato la prima regolamentazione per il vino naturale!!
Questa è una notizia importante, che merita sicuramente risonanza! Purtroppo, in questo periodo di quarantena, le informazioni che arrivano dall’estero si sono ulteriormente ridotte. Per questo sento il dovere di scrivere, se non altro nel tentativo di farla leggere agli appassionati a cui è sfuggita.
Riporto la notizia pubblicata il 30 marzo 2020 da Federvini.
“In Francia i vignaioli naturali, al termine di una battaglia durata quasi dieci anni, hanno ottenuto il riconoscimento formale, da parte delle autorità d’Oltralpe, all’esistenza del “vino naturale”. Definita da un disciplinare di produzione che ne permetterà la commercializzazione sotto la dicitura “vin méthode nature”, la denominazione riconosce e certifica l’adempimento a una serie di criteri stabiliti da un protocollo dedicato, messo a punto dal neonato Sindacato del Vino Naturale. Nato a novembre 2019 proprio con l’obiettivo di accelerare l’iter del riconoscimento governativo, il sindacato è presieduto dal vignaiolo della Loira Jacques Carroget, in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e l’Inao – Istituto nazionale dell’origine e della qualità.
Per poter utilizzare la dicitura, il vino deve essere prodotto da uve raccolte a mano, da viti biologiche certificate e prodotto con solo lievito indigeno. Durante il processo di vinificazione, tutte le pratiche di filtrazione a flusso incrociato sono vietate, come sono altresì proibite pastorizzazioni flash, termovinificazione e osmosi inversa. Sono ammessi fino a 30 milligrammi per litro di solfiti in tutti i tipi di vino. E per distinguere tra vini naturali che contengono solfiti e vini naturali che invece ne sono privi, sono stati creati due loghi appositi. Ogni anno una commissione controllerà i vini che hanno richiesto la denominazione.”
Ed ecco i due loghi che dovrebbero apparire a breve sulle bottiglie.
Vino metodo naturale
Si chiama “vino metodo naturale” perché, com’è noto, non è possibile giuridicamente l’uso della dicitura “vino naturale”.
In realtà, non è ancora un disciplinare di produzione, ma è una stesura privata, che però, risulta già sottoposta all’esame dell’Inao, l’Istituto che si occupa delle denominazioni protette.
Come scritto in un articolo del sito cibo diritto, “l’elemento fondamentale della vicenda è la stesura di un compiuto disciplinare di produzione, quello la cui osservanza da parte dei produttori permetterà a costoro di utilizzare l’etichetta già validata dalla Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione frodi (DGCCRF) e dal ministero dell’Agricoltura.”
In Italia abbiamo già da molto tempo delle definizioni private, come quella molto precisa dell’associazione VinNatur (che tra l’altro certifica centinaia di aziende) o del consorzio Vini Veri.
Da un certo punto di vista, possiamo quasi dire di esser stati dei precursori. Ma purtroppo non siamo ancora stati in grado di unificare le voci e arrivare ad un riconoscimento legislativo.
Ancora una volta i nostri cugini d’oltralpe si sono dimostrati più pronti di noi. Ancora una volta, nell’ambito del vino, hanno segnato la linea che, direi auspicabilmente, verrà seguita da altri stati europei e mondiali.
Qualcuno potrà pensare che questo disciplinare non sia sufficiente a descrivere un vino naturale.
In questo blog si è parlato tante volte di vino naturale e, probabilmente, essendo una “forma d’arte” antica 8000 anni, se ne parlerà sempre in futuro.
Una considerazione sulle parole che usiamo
Da una parte abbiamo la necessità burocratica e legale di scrivere formalmente in modo che non si possa equivocare. In questo senso, è giusto che ci sia una regolamentazione per chi vuole produrre vino naturale, in modo da potersi ben distinguere dagli altri, essendo tutelati e sottoposti ad un disciplinare.
Dall’altra abbiamo la tendenza (insensata) a catalogare nei minimi dettagli qualsiasi cosa. Che si parli di musica, di cinema o, appunto, di vino, sentiamo l’esigenza di dover suddividere in generi, sottogeneri ed applicare sempre delle etichette. In realtà, seppure sia conveniente avere una suddivisione di base per orientare il cliente finale, aggiungere parole significa circoscrivere sempre di più qualsiasi un’idea ed un prodotto. Si perde la magia e la potenza di quella idea! Si cerca volontariamente di porre dei limiti, quando spesso la cosa più bella è andare oltre!
Pensando strettamente al mondo del vino, ci sono tanti produttori e vignaioli che cercano di far passare un messaggio, semplice, diretto, a volte scritto proprio sulle etichette dei loro vini. Un concetto solo, espresso in modi diversi (che a volte diventa un vero e proprio brand): puro succo d’uva, solo uva, ingredienti: uva.
L’immagine che si crea nella mente è perfetta e non servono altre parole.
Se l’articolo ti ha suscitato dei pensieri e ti va di condividerli, lascia un commento.
Viva la cultura del vino!